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Sentenza del Tribunale dell'Unione Europea 22 settembre 2011, causa T-250/09, MANGINI/MANGIAMI
Pubblichiamo qui a seguire una recente decisione del Tribunale dell’Unione Europea (General Court Settima Sezione – decisione del 22 settembre 2011) in tema di ammissibilità delle prove d’uso del marchio anteriore nei procedimenti di nullità di un marchio comunitario.
Si riassumono brevemente i fatti di causa.
Nel 2006 presentammo per il Cesea Group opposizione al Marchio Comunitario MANGINI sulla base del marchio comunitario MANGIAMI. Controparte promosse, in risposta, un’azione di cancellazione del marchio comunitario della nostra Cliente sulla base di anteriorità nazionali: italiana, francese, tedesca.
In primo grado vincemmo e la cancellazione fu rigettata per insufficienza di prove d’uso.
In appello tale decisione fu ribaltata: il Giudice d’appello ritenne (ora si può dire sbagliando) che controparte potesse integrare, in appello, con ulteriore documentazione le prove d’uso presentate in primo grado.
Tale possibilità fu accolta dalla Commissione Ricorsi perché in quel momento l’interpretazione maggioritaria riteneva che nuove prove potessero essere presentate anche in appello sulla base della famigerata interpretazione di c.d. ‘continuità funzionale’ tra le decisioni della Divisione di Opposizione e la cognizione della Commissione Ricorsi. In più decisioni si confermò la discrezionalità delle Commissioni Ricorsi nell’ammettere nuove prove in appello. Si vedano i casi Kleencare T-308/01 e ARCOL C-29/05. Sembrava quindi che vi fosse ampia discrezionalità della Commissione nell’ammettere qualunque genere di prove.
La Commissione nel caso in esame portava alle estreme conseguenze la propria facoltà nell’ammettere le prove d’uso non prodotte nel giudizio di opposizione (o come nel caso in parola nel giudizio di annullamento). Essa ritenne che fosse possibile ammettere le nuove prove quando vi fosse la presenza di due elementi:
a) un fatto nuovo che giustificasse le nuove evidenze.
b) Le nuove evidenze dovevano essere cruciali per il giudizio;
La decisione riformata ritenne di individuare il “fatto nuovo” nella motivazione della decisione stessa della Divisione di Annullamento che riteneva insufficienti le prove depositate dall’attrice.
Il Tribunale dell’Unione Europea, con la sentenza del 22.09.2011 ha invece affermato un principio di garanzia processuale in base al quale se i termini di presentazione delle prove d’uso non sono rispettati in primo grado non è possibile che siano derogati nella fase successiva del procedimento. Il fatto nuovo non può essere rinvenuto nella stessa decisione da appellare.
La discrezionalità della Commissione di Ricorso è quindi ora limitata ai soli casi in cui non vi siano termini di decadenza stabiliti da norme cogenti. La Regola 22.2 e la corrispondente Regola 40.6 del Regolamento Comunitario sui termini per presentare prove d’uso è norma che non può essere derogata. Chi non fornisce sufficienti prove d’uso nel procedimento oppositivo o di annullamento non potrà più farlo in appello (salvo il fatto nuovo da valutarsi in modo rigoroso).
La decisione potrebbe essere appellata dall’UAMI davanti alla Corte di Giustizia nei prossimi due mesi.
Qui il testo integrale della sentenza in Italiano (lingua del procedimento), e qui una sua traduzione non ufficiale in inglese.